18 de septiembre de 2019

Luca Marconi (1960-2019)


[Versione italiana di seguito]

Un grito estremecedor cimbró por completo el auditorio del Centro de las Artes de la Ciudad de México. El público se sujetaba con fuerza a su asiento mientras la policía entraba frenética a poner orden. Pero no pasaba nada. Sólo era Luca Marconi explicando a viva voz un concepto del primitivismo musical de principios de Siglo XX. Así era Luca, modesto y silencioso la mayoría de las veces; e insólitamente explosivo en otras.

Pero siempre fue brillante. En sus investigaciones tenía la paciencia de un monje benedictino para reunir documentos, libros antiguos y teorías perdidas en la oscuridad de tiempo. Pero luego lo juntaba todo con la pericia de un artificiero. Su escritura es un finísimo mecanismo de relojería donde cada argumento, idea e hipótesis, se articulan cuidadosamente una con la otra hasta estallar en tesis irrebatibles.

Se ocupó de la retórica del Barroco, de la música popular italiana, de la ópera, los covers, el rock o la música entre los adolescentes con una profundidad venerable. En su tesis doctoral modeló las antiguas teorías de los afectos del siglo XVII bajo el prisma de la semiótica de Umberto Eco (quien fue su director) con resultados sorprendentes. Su magistral Musica Espressione Emozione (2001) combina métodos empíricos con alta filosofía especulativa. En ese libro también instauró una colaboración inédita entre la semiótica, las teorías del gesto y agencia musicales; la filosofía de la música anglófona y las teorías de la embodied mind. Sus hallazgos precedieron a los influyentes libros que sobre estos temas publicaron posteriormente nuestros colegas y profesores Estadounidenses.

Fue un humanista clásico sin toga, con ceño gruñón y alma bondadosa. Ponerme en contacto con él fue sin duda el mejor regalo de varios que me hiciera nuestro recordado Gino Stefani. Una de las varias pasiones que compartimos fue la del Rock progresivo italiano de los años 70. Pasamos interminables noches hablando de grupos, discos y anécdotas. Éramos un par de adolescentes intercambiando cromos, discos y posters. Aprendí mucho de él. Dentro de no mucho tiempo nos volveremos a encontrar amigo y te haré rabiar recordándote una y otra vez que tú no conocías a la banda napolitana Il balleto di bronzo... ¡y yo sí!!! ¡Gracias por todo!



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Un urlo strepitoso fece scuotere l’intero auditorium dal Centro de las Artes della Città del Messico. Il pubblico si teneva alle poltrone, mentre la polizia entrava freneticamente per risolvere il problema. Eppure non accadeva niente. C’era solo Luca Marconi che spiegava a viva voce un concetto dal primitivismo musicale. Così era Lui, modesto e silenzioso per la maggior parte del tempo, ma ogni tanto insolitamente esplosivo.

Luca sempre fu di un’intelligenza brillante. Nel svolgere le sue ricerche aveva la pazienza di un monaco benedettino per raccogliere documenti, libri antichi e teorie sperdute nella notte dei tempi. Poi metteva tutto insieme con la dimestichezza di un artefice. La sua scrittura era come un meccanismo d’orologeria, dove gli argomenti, le idee e le ipotesi venivano articolati assieme fino a diventare delle tesi inconfutabili.

Si occupò di retorica del Barocco, di popular music italiana, di opera, di cover, di rock e della musica tra i ragazzini, tutto con una ragguardevole profondità di conoscenza. Nella sua tesi di Dottorato lavorò delle antiche teorie degli affetti sotto il punto di vista della semiotica di Umberto Eco (chi fu il suo relatore) arrivando a delle conclusioni sorprendenti. Il suo libro Musica Espressione Emozione (2001) abbina metodi empirici con filosofia speculativa. In questo libro l’autore introdusse una collaborazione tra semiotica, teorie del gesto, musical agency, filosofia della musica di ambito anglofono e teorie della embodied mind. Le sue scoperte hanno preceduto i libri che su questi argomenti furono pubblicati dai nostri colleghi e professori americani.

Luca era un umanista classico ma senza toga. Aveva un cipiglio scontroso ma un’anima generosa. Mettermi in contatto con lui è stato senz’altro il dono migliore che mi abbia mai fatto il nostro caro Gino Stefani. Condividemmo varie passioni, tra i quali il rock progressivo italiano degli anni ‘70. Trascorremmo delle serate interminabili a parlare di band, dischi e storie. Eravamo come un paio di ragazzini che si scambiano figurine, dischi e poster. Imparai tanto di lui. Forse tra un po’ ci rivedremo, amico. E ti farò arrabbiare ricordandoti mille volte che tu non conoscevi la band napoletana Il balletto di bronzo e Io sì. Grazie di tutto!





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